In questa Area NON si effettuano Diagnosi o valutazioni cliniche. Se hai bisogno di un responso medico rivolgiti direttamente ai centri specializzati o al tuo medico di fiducia.

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La parola all'Esperto

area medica

In questa Area non si effettuano Diagnosi o valutazioni cliniche.
Se hai bisogno di un responso medico rivolgiti direttamente ai centri specializzati o al tuo medico di fiducia

Il rapporto è stato adeguatamente protetto e non ha rischiato nulla. Qualora non ci fosse stato il preservativo, il rischio HIV nel rapporto orale “ricevuto” non esiste; ma la protezione in questo caso è servita per proteggersi dalle altre infezioni a trasmissione sessuale. Non ha motivo di essere agitato.

Non capiamo bene la situazione ma soprattutto perchè il controllo è stato fatto dopo un anno e non subito, inoltre chi ha stabilito che è stata una falsa reattività e non ha inviato ad un centro specialistico per l’eventuale conferma? Bisogna comunque rivolgersi ad una struttura sanitaria pubblica (ad un centro di malattie infettive) che in caso di conferma positività al test, prenderà in carico la persona per iniziare la cura.

Continua a scriverci le stesse domande alle quali abbiamo risposto più volte. Per maggiori chiarimenti può contattarci al servizio di counselling telefonico: siamo disponibili.

Nel rapporto orale ricevuto il rischio è solo per le altre infezioni a trasmissione sessuale, no per HIV.

E’ necessario sottoporsi al test quando si ha avuto un comportamento a rischio o si è corso un rischio in altre circostanze (ad esempio occupazionali). Il periodo finestra è il tempo massimo entro cui un test è in grado di determinare in modo certo la presenza o l’assenza di anticorpi anti HIV. Pertanto, prima di approcciarsi al test è necessario controllare che questo periodo, che inizia al momento del rischio corso, sia concluso.
Il periodo finestra ha una durata variabile a seconda del test effettuato, e generalmente è di massimo novanta giorni per un test di terza generazione e quaranta giorni per un test di quarta generazione.
Il test inoltre è consigliato come esame di routine (screening) per tutte le persone sessualmente attive.

HIV ha un tempo molto limitato di sopravvivenza all’esterno del corpo ospite, non potendo replicarsi nell’ambiente: il tempo entro il quale HIV si inattiva varia da pochi secondi ad alcuni minuti a seconda della sua concentrazione (carica virale) nel liquido che lo contiene. Superato questo tempo, ogni contatto diventa indiretto e quindi non a rischio. Sono contatti indiretti tutti quelli con liquidi non freschi.

La saliva non veicola il virus.
L’HIV ha un tempo molto limitato di sopravvivenza all’esterno del corpo ospite, non potendo replicarsi nell’ambiente: il tempo entro il quale HIV si inattiva varia da pochi secondi ad alcuni minuti a seconda della sua concentrazione (carica virale) nel liquido che lo contiene. Superato questo tempo, ogni contatto diventa indiretto e quindi non a rischio. Sono contatti indiretti tutti quelli con liquidi non freschi.
La PreP (profilassi pre esposizione) può essere assunta da chi è HIV negativo (e no da chi è già positivo) e per proteggersi appunto dal contagio. Le persone HIV positive invece che sono in terapia che hanno raggiunto una carica virale non rilevabile (un numero di copie del virus HIV nel sangue periferico inferiore alla soglia di rilevabilità ai test molecolari in uso, cioè meno di 50 copie per millilitro di sangue) da almeno sei mesi, nei rapporti sessuali, anche non protetti, non trasmettono l’infezione da HIV.

Il test di cui parla dà un risultato definitivo a 40 giorni da un comportamento a rischio.

Se è presente nelle feci, vuole dire che la persona ha l’epatite A. La trasmissione avviene per via oro-fecale. Il virus è presente nelle feci 7-10 giorni prima dell’esordio dei sintomi e fino a una settimana dopo, mentre è presente nel sangue solo per pochi giorni.

In genere il contagio avviene per contatto diretto da persona a persona o attraverso il consumo di acqua o di alcuni cibi crudi (o non cotti a sufficienza), soprattutto molluschi, allevati in acque contaminate da scarichi fognari contenenti il virus. Solo raramente sono stati osservati casi di contagio per trasfusioni di sangue o prodotti derivati.

Da noi è possibile effettuare solo il test HIV e HCV rapido salivare su appuntamento. Di seguito il link per maggiori dettagli. Le date vengono aggiornate ogni 15 giorni – https://www.anlaidslazio.it/test-rapido

Non vengono ritenuti a rischio per HIV le seguenti attività sessuali ovvero i rapporti orali ricevuti, il petting, leccare l’ano o i capezzoli, i baci profondi, la masturbazione manuale (col requisito fondamentale che anche durante questi atti non avvenga un contatto diretto tra le mucose e una quantità significativa di liquidi biologici contenenti HIV).

Per la diagnosi è importante fare degli esami di laboratorio che, a seconda delle diverse Ist, possono essere eseguiti sul sangue, su un tampone rettale o faringeo, su un campione di urine o di saliva sia per le donne che per gli uomini; su un tampone cervicale o vaginale per la donna; su un tampone uretrale o sullo sperma per l’uomo. A volte è sufficiente la visita dello specialista che riconosce la Ist osservando le lesioni presenti a livello genitale o in altre zone del corpo.
I test per l’HIV e per le altre Infezioni Sessualmente Trasmesse (IST) si possono eseguire negli ospedali o nei laboratori dei Centri Diagnostici, pubblici o privati. Rivolgendosi al suo medico curante lo stesso potrà prescriverle uno screening delle IST e l’indicazione dei vaccini utili.

Il Test è semplice, veloce ed effettuato su saliva: il supporto solido monouso dotato di paletta sterile viene passato sulle arcate gengivali. Nella mezz’ora precedente non bisogna mangiare, bere e fumare, non ci sono altre indicazioni. Il risultato è definitivo se sono trascorsi 90 giorni dall’ultimo comportamento a rischio. A questo link può trovare altre info https://www.anlaidslazio.it/test-rapido
Tutti i donatori sono sottoposti a selezione e il sangue è sottoposto ad esami molecolari estremamente affidabili e le sacche, in seguito, sono sottoposte ad ulteriori accertamenti.

Cosa intende per “rischio sfilamento”? Se i rapporti sono stati protetti dall’inizio alla fine non ha corso rischi, diversamente, come ci diceva al telefono, se è rimasto per qualche minuto senza condom, il comportamento è a rischio HIV e di altre IST.

La domanda non è chiara e non capiamo esattamente cosa ci vuole chiedere. In merito alla PEP comunque (profilassi post esposizione) possiamo dirle che è una terapia farmacologica di durata limitata (28 giorni di farmaci, ed in seguito una visita finale ed esami di controllo) che può essere assunta qualora si sia corso un rischio reale dovuto alla esposizione al virus HIV. L’assunzione della PEP permette di evitare l’infezione del virus, impedendone la replicazione fin dal principio. La PEP è efficace solo se assunta entro 48 ore (preferibilmente 1-4 ore dopo l’evento a rischio) e può essere richiesta in qualsiasi centro pubblico munito di reparto di malattie infettive, con accesso tramite Pronto Soccorso. Prevede un test HIV all’inizio (tempo zero), dopo i 28 giorni di terapia farmacologica, e si conclude con un test definitivo a 40 giorni (se di quarta generazione) o a 90 giorni (se test di terza generazione) dal termine della PEP.
La specificità di un test è la sua capacità di identificare correttamente le persone negative. In termini di probabilità, la specificità è la probabilità che una persona che non vive con HIV risulti negativa al test.

La sensibilità di un test è la sua capacità di identificare correttamente le persone positive. In termini di probabilità, la sensibilità è la probabilità che una persona che vive con HIV risulti positiva al test.
Come spiegatole più volte, il virus ha determinate vie di trasmissione e la situazione descritta non può essere configurata in alcuno modo un evento a rischio HIV.
L’HIV ha un tempo molto limitato di sopravvivenza all’esterno del corpo ospite, non potendo replicarsi nell’ambiente: il tempo entro il quale HIV si inattiva varia da pochi secondi ad alcuni minuti a seconda della sua concentrazione (carica virale) nel liquido che lo contiene. Superato questo tempo, ogni contatto diventa indiretto e quindi non a rischio. Sono contatti indiretti tutti quelli con liquidi non freschi.
Se ha usato il condom dall’inizio alla fine e per tutti i tipi di rapporto (anale, vaginale e orale) non ha corso rischio. Non emergono dalla sua descrizione altri elementi che possano far pensare ad un rischio per HIV.
Il contatto deve essere diretto, valutando che il virus a contatto con l’aria si inattiva. E’ sconsigliabile dunque farsi eiaculare direttamente sul glande o portare lo sperma appena eiaculato sul glande.
I liquidi che possono trasmettere HIV sono il sangue (incluso quello mestruale), lo sperma, le secrezioni vaginali, il liquido preseminale, il latte materno.

Perchè avvenga la trasmissione, questi liquidi devono entrare in contatto diretto con le mucose (ad esempio le mucose anali, vaginali, buccali, congiuntivali) o essere immessi direttamente nel torrente circolatorio (es. scambiando siringhe). La cute integra è già una barriera sufficiente a proteggere dall’ingresso del virus.

NON trasmettono Hiv: vomito, lacrime, sudore, saliva, urina, feci.
Il preservativo correttamente utilizzato dall’inizio alla fine del rapporto protegge anche dalla clamidia.
Per TASP, (treatment as prevention), si intende che una persona con HIV in terapia efficace ha nel sangue una carica virale sempre più bassa, quindi ha meno probabilità di trasmettere l’infezione. Quando la carica virale della persona con HIV scende sotto la soglia di rilevabilità per oltre sei mesi, si parla di U = U (Undetectable=Untrasmittable, ovvero non trasmissibilità per via sessuale del virus HIV).
L’HIV ha un tempo molto limitato di sopravvivenza all’esterno del corpo ospite, non potendo replicarsi nell’ambiente: il tempo entro il quale HIV perde la capacità di infettare varia da pochi secondi ad alcuni minuti a seconda della sua concentrazione (carica virale) nel liquido infetto. Superato questo tempo, ogni contatto diventa indiretto e quindi non a rischio. Sono contatti indiretti quelli con liquidi non freschi.
Non vengono ritenuti a rischio per HIV altre attività sessuali quali i rapporti orali ricevuti, il petting, i baci profondi, la masturbazione (col requisito fondamentale che anche durante questi atti non avvenga un contatto diretto tra le mucose e una quantità significativa di liquidi biologici potenzialmente infettivi).

No, perchè hiv si trasmette col contatto diretto tra mucose o ferite aperte con sangue, sperma, liquido prespermatico, latte materno, secrezioni vaginali. Questi liquidi per essere potenzialmente infettivi devono essere freschi e presenti in quantità significative.
Ecco un link utile al riguardo:
https://www.salute.gov.it/portale/assistenzaSanitaria/dettaglioContenutiAssistenzaSanitaria.jsp?lingua=italiano&id=958&area=Assistenza%20sanitaria&menu=italiani
IL CONTATTO DIRETTO E’ LA SITUAZIONE IN CUI UN LIQUIDO POTENZIALMENTE INFETTIVO FRESCO PENETRA NELL’ORGANISMO DI UN SOGGETTO SIERONEGATIVO AD HIV ESPONENDOLO AL RISCHIO DI INFEZIONE; I CONTATTI INDIRETTI NON SONO A RISCHIO. IL VIRUS HIV NON E’ IN GRADO DI MOLTIPLICARSI NELL’AMBIENTE E PERDE L’INFETTIVITA’ VELOCEMENTE ALL’ESTERNO DEL CORPO UMANO

Si ha un contatto diretto quando un liquido biologico fresco contenente HIV, cioè nei momenti immediatamente successivi dalla sua fuoriuscita dal corpo del soggetto portatore del virus, o protetto in ambiente idoneo (ad esempio colture di laboratorio) aderisce ad una mucosa o ad una ferita aperta (profonda e quindi sanguinante), indipendentemente dal fatto che il contatto sia realizzato per caduta diretta del liquido (sulla ferita o sulla mucosa) o attraverso la mediazione di un oggetto o di una mano.

Sono esempi di contatto diretto il sesso anale, vaginale, orale praticato non protetto in presenza di eiaculazione o copiose secrezioni pre-eiaculatorie ricevute in bocca; gli sfregamenti genitali in presenza di abbondanti liquidi biologici del partner; uno schizzo di sangue ad alta pressione ricevuto nell’occhio; il portare in bocca o agli occhi, con un dito o un oggetto, quantità significative di liquidi infetti; l’iniezione praticata da due soggetti con lo stesso ago.
HIV ha un tempo molto limitato di sopravvivenza all’esterno del corpo ospite, non potendo replicarsi nell’ambiente: il tempo entro il quale HIV perde la capacità di infettare varia da pochi secondi ad alcuni minuti a seconda della sua concentrazione (carica virale) nel liquido infetto. Superato questo tempo, ogni contatto diventa indiretto e quindi non a rischio. Sono contatti indiretti quelli con liquidi non freschi.

Sono esempio di contatto indiretto (NON a rischio) utilizzare una toilette pubblica macchiata di sangue secco, dall’estetista o dal dentista rimanere feriti con uno strumento non monouso, utilizzare per errore un asciugamano intimo di un terzo, pungersi accidentalmente con un ago abbandonato in luogo aperto.
La pelle integra costituisce una barriera efficace e non permette l’ingresso al virus HIV, e quindi è una protezione naturale anche in caso di contatto con liquidi contenenti HIV.

Non sono ritenute ferite aperte le pellicine sollevate a seguito di piccoli traumi, le abrasioni superficiali della pelle, i graffi, le sbucciature, i taglietti. Le lesioni profonde, al contrario, raggiungono lo strato sottocutaneo, oltrepassando derma ed epidermide e dunque possono rappresentare una porta d’ingresso del virus.


La rottura del profilattico espone al rischio HIV e di altre Infezioni a trasmissione sessuale. In caso di un comportamento a rischio e in riferimento all’HIV, è possibile effettuare una profilassi post esposizione (PEP).
La PEP però è efficace solo se assunta entro 48 ore (preferibilmente 1-4 ore dopo l’evento a rischio) e può essere richiesta in qualsiasi centro pubblico munito di reparto di malattie infettive, con accesso tramite Pronto Soccorso. Prevede un test HIV all’inizio (tempo zero), dopo i 28 giorni di terapia farmacologica, e si conclude con un test definitivo a 40 giorni (se di quarta generazione) o a 90 giorni (se test di terza generazione) dal termine della PEP.
La possibilità di trasmettere l’infezione da Hiv dipende dal tipo di comportamento messo in atto e, soprattutto, dalla quantità di virus presente nel sangue o nelle secrezioni genitali della persona con Hiv. È massima nelle prime settimane dopo l’infezione.

Il preservativo va utilizzato dall’inizio del rapporto perché il coito interrotto non protegge dal virus HIV, si usa una volta sola e con una sola persona. E’ opportuno cambiare il condom passando da un rapporto all’altro per evitare il passaggio di germi e batteri (es. dall’ano alla vagina) e per evirare di incorrere in rotture.

L’anilingus o rimming (leccare l’ano) è una pratica considerata a rischio per altri tipi di infezione ma non per l’HIV. Per proteggersi da altre infezioni è consigliabile l’utilizzo del Dental Dam o di altra barriera.
I rapporti orali, non protetti, se praticati sono a rischio hiv (rischio estremamente basso) e di altre IST; se ricevuto non è a rischio HIV ma di altre IST.
Esistono vari tipi di test su sangue utilizzati comunemente per la diagnosi dell’Hiv, che danno risposte certe dopo tempi diversi dall’ultimo comportamento a rischio:


1) test combinati (test di IV generazione) – ricercano gli anticorpi anti-HIV prodotti dall’individuo e parti di virus, come l’antigene p24. Possono mettere in evidenza l’avvenuta infezione già dopo 20 giorni. Il periodo finestra è di 40 giorni dall’ultimo comportamento a rischio.

2) test che ricercano solo gli anticorpi anti-Hiv (test di III generazione) – possono mettere in evidenza l’avvenuta infezione già dopo 3-4 settimane. Il periodo finestra è di 90 giorni dall’ultimo comportamento a rischio.
I rapporti protetti da condom dall’inizio alla fine non sono a rischio HIV. Riutilizzare il preservativo ha delle conseguenze evidenti, il materiale si indebolisce e il rischio di rottura è altissimo.
Nel caso dell’autotest da fare a casa e venduto in farmacia, attualmente il periodo finestra è di 90 giorni.

La parola all'Esperto

area psicologica

In questa Area non si effettuano Diagnosi o valutazioni cliniche.
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Gentilissimo, ci pone sempre le stesse domande e spesso inerenti la sifilide descrivendo situazioni identiche o similari e alle quali abbiamo già dato ampio riscontro. Non possiamo continuare a dare risposte a domande ripetute e come da lei evidenziato ha avuto riscontro anche da altri siti. Se ha dei sintomi, la cosa migliore è farsi fare una visita direttamente dallo specialista e non cercare di trarre conclusioni via web. Le ricordiamo inoltre che per ogni dubbio (no diagnosi), può contattare il nostro servizio di counselling telefonico. Buona giornata.

La diagnosi di sieropositività rappresenta per la persona un autentico shock sia emotivo che fisico:
è come se tutta la propria vita si frammentasse e il mondo cadesse addosso e con esso tutte le proprie certezze. D’un tratto ci si trova come nel corpo di un altro: la propria identità apparentemente viene meno.
Il personale medico, le associazioni, gli amici e i familiari in questi casi possono essere un punto di riferimento ed offrire un supporto utilissimo, tuttavia il primo passo fondamentale è la presa di consapevolezza di questo nuovo stato in modo da poterlo accettare ed integrare nella “nuova” vita per ritrovare la stabilità esistenziale smarrita.

Il percorso non è facile e non è certo privo di sofferenza, ma può essere accompagnato da diverse figure in grado di aiutare la persona con HIV sostenendola nei momenti più significativi: medici, operatori sanitari, familiari e amici.
Una delle prime domande che in genere si pone la persona con HIV è: adesso che ho saputo di essere sieropositivo, che faccio? Ne parlo con qualcuno o tengo tutto per me? Ma a chi lo dico?

L’alto impatto sociale e relazionale della sieropositività nonché lo stigma legato all’infezione da HIV, possono facilmente indurre sentimenti di svalutazione, perdita di stima e fiducia in se stessi, colpa. La cosa più difficile da superare è il sentirsi malati e per questo pensare di essere etichettati.
La conseguenza può rivelarsi un generale isolamento e l’abbandono di tutte le relazioni. La paura del giudizio porta spesso al rifiuto di aprirsi con qualcuno intensificando così il proprio malessere interiore.
Cercare un aiuto e confidarsi anche solo con un amico o un familiare non è certo indice di debolezza e/o fragilità ma rappresenta un segno di grande forza ed un segnale positivo verso il raggiungimento di una nuova stabilità emotiva e fisica.

E’ importante però decidere con chi parlare consapevoli del fatto che nessuna persona con HIV è obbligata ad informare qualcuno della propria situazione; è una scelta libera e personale. In questi casi , pur non essendoci regole rigide, sarebbe auspicabile individuare, nella sfera delle proprie relazioni, chi è la persona, o chi sono le persone, con le quali si vuole parlare: qualcuno che giudichiamo in grado di ascoltare e di esserci come punto di riferimento solido e stabile.
Appare chiaro che la natura diversa delle relazioni, siano esse con un amico, con un partner o con un familiare, pone delle sostanziali differenze nella condivisione della propria sieropositività, ma in ogni caso è opportuno creare uno spazio fisico ed emotivo in cui incontrarsi e dar sfogo alle proprie emozioni, essere pronti a rispondere alle eventuali domande.

Così com’è stato uno shock la comunicazione della diagnosi di sieropositività per la persona con HIV, dobbiamo aspettarci che lo sia anche per gli altri e non sono da escludere reazioni negative del momento, prima cioè che anche gli altri possano avere il tempo di elaborare la notizia e diventare un valido sostegno.
La scelta individuale di comunicare ai familiari questa nuova situazione dipende molto dalla qualità della relazione passata e presente con il familiare stesso. Spesso ci si confida con uno solo dei genitori, a volte si sceglie di parlare con un fratello o una sorella. L’importante è, anche in questo contesto comunicativo, individuare una persona che sia in grado di ascoltare senza giudizio.

Comprendiamo la Sua preoccupazione. I comportamenti sono stati a rischio, ma i test, ormai attendibili, confermano che non c’è stato contagio.

Gentilissima, come lei stessa sostiene sono paure sue che non trovano un riscontro nella realtà. L’idea di intraprendere un percorso con uno psicologo/psicoterapeuta avrebbe potuto aiutarla e sostenerla. Durante l’emergenza Covid19, è stato possibile continuare i vari percorsi terapeutici anche via web; peraltro il contenimento, tramite un aiuto esterno, del suo disturbo oltre a tranquillizzarla e farla stare meglio, le darebbero più tempo per svolgere e gestire serenamente la sua vita in generale e quella di mamma.

I rapporti orali ricevuti non sono a rischio HIV ma solo per altre IST. Per i suoi sintomi consulti eventualmente un medico. Se lo stato di ansia e di terrore, come lo ha definito lei, persiste potrebbe ipotizzare un sostegno psicologico, per affrontare insieme all’esperto, la sua situazione emotiva.



La parola all'Esperto

area legale

In questa Area non si danno pareri legali ma si forniscono indicazioni che vanno comunque verificate con eseperti del Settore
L’art.5, prima comma della legge 135/95 sulla prevenzione e lotta contro l’AIDS, prevede che gli operatori sanitari che nell’esercizio della loro attività vengano a conscenza di un caso di AIDS sono tenuti ad osservare tutte le misure occorrenti per la tutela della riservatezza della persona assistita. Quindi la legge tutela il diritto alla privacy delle persone sieropositive. Per maggiori dettagli su casi specifici, può essere contattata la sede di Anlaids Lazio che fornirà i contatti utili per approfondimenti.
No, perchè alla persona sieropositiva o malata di AIDS, deve essere offerta tutta l’assistenza e le cure necessarie come per qualsiasi altra persona residente sul territorio italiano.
No, non può essere licenziata, come indica l’articolo 5, comma 5 della Legge n. 135 dell’8 giugno 1990.
Una volta fatta la domanda, la persona viene convocata presso la sede INPS di residenza e quindi sottoposta a visita da parte di un medico INPS il quale acquisisce la documentazione specialistica che viene prodotta e quindi esprime un giudizio.
Non esistono leggi che costringano le persone a curarsi. Ad ogni modo, prendersi cura di sè dovrebbe essere una scelta consapevole e opportuna.
Si tratterebbe di una violazione del diritto alla privacy. Le informazioni relative allo stato di salute di una persona sono definiti dalla legge sulla privacy dati personali “sensibili”. In particolare, l’articolo 9 del GPDR ci dice che i dati particolari (ex-sensibili) non devono essere trattati – salvo consenso esplicito dell’interessato o in caso di necessità per assolvere ad alcuni obblighi ben codificati – e ci dice anche quali sono: l’origine razziale o etnica; le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche; l’appartenenza sindacale; i dati genetici e i dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica; i dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all’orientamento sessuale della persona