In questa Area NON si effettuano Diagnosi o valutazioni cliniche. Se hai bisogno di un responso medico rivolgiti direttamente ai centri specializzati o al tuo medico di fiducia.
Come le abbiamo spiegato per telefono, non ha corso rischi.
Il rapporto è stato protetto; non emergono comportamenti a rischio.
Il rapporto è stato adeguatamente protetto e non ha rischiato nulla. Qualora non ci fosse stato il preservativo, il rischio HIV nel rapporto orale “ricevuto” non esiste; ma la protezione in questo caso è servita per proteggersi dalle altre infezioni a trasmissione sessuale. Non ha motivo di essere agitato.
Non ha motivo di preoccuparsi. L’episodio non configura rischio HIV.
I rapporti orali quando ricevuti sono a rischio di altre IST (infezioni a trasmissione sessuale), no per l’HIV.
E’ impossibile il contagio HIV con questo tipo di comportamento. Come da lei sottolineato, evidentemente si è fatto prendere dall’ansia.
Con questa pratica non si è esposto al rischio HIV.
Evidentemente non ha corso rischi. Il latte materno è veicolo di trasmissione del virus ma nel caso specifico non emerge nessuna “ipotesi di rischio”.
Confermiamo quanto già le hanno detto i colleghi. Non ha corso rischi.
Non capiamo bene la situazione ma soprattutto perchè il controllo è stato fatto dopo un anno e non subito, inoltre chi ha stabilito che è stata una falsa reattività e non ha inviato ad un centro specialistico per l’eventuale conferma? Bisogna comunque rivolgersi ad una struttura sanitaria pubblica (ad un centro di malattie infettive) che in caso di conferma positività al test, prenderà in carico la persona per iniziare la cura.
Il risultato del test può essere considerato attendibile e definitivo.
Continua a scriverci le stesse domande alle quali abbiamo risposto più volte. Per maggiori chiarimenti può contattarci al servizio di counselling telefonico: siamo disponibili.
Non emerge un comportamento a rischio HIV.
La dinamica è incerta. Se durante la penetrazione il pene era scoperto il rapporto è a rischio; diversamente no. Il petting invece “scoperto” (insieme di pratiche ed effusioni di natura sessuale quali baci, carezze, masturbazione reciproca, sfregamento esterno dei genitali, che non comportano un rapporto penetrativo o oro- genitale) non viene considerato a rischio per HIV.
Nel rapporto orale ricevuto il rischio è solo per le altre infezioni a trasmissione sessuale, no per HIV.
Il rapporto è stato protetto adeguatamente: nessun rischio HIV.
Non si rileva nessun comportamento a rischio. Il virus non si trasmette con questa modalità.
E’ necessario sottoporsi al test quando si ha avuto un comportamento a rischio o si è corso un rischio in altre circostanze (ad esempio occupazionali). Il periodo finestra è il tempo massimo entro cui un test è in grado di determinare in modo certo la presenza o l’assenza di anticorpi anti HIV. Pertanto, prima di approcciarsi al test è necessario controllare che questo periodo, che inizia al momento del rischio corso, sia concluso.
Il periodo finestra ha una durata variabile a seconda del test effettuato, e generalmente è di massimo novanta giorni per un test di terza generazione e quaranta giorni per un test di quarta generazione.
Il test inoltre è consigliato come esame di routine (screening) per tutte le persone sessualmente attive.
HIV ha un tempo molto limitato di sopravvivenza all’esterno del corpo ospite, non potendo replicarsi nell’ambiente: il tempo entro il quale HIV si inattiva varia da pochi secondi ad alcuni minuti a seconda della sua concentrazione (carica virale) nel liquido che lo contiene. Superato questo tempo, ogni contatto diventa indiretto e quindi non a rischio. Sono contatti indiretti tutti quelli con liquidi non freschi.
Chi riceve la stimolazione NON corre alcun rischio HIV ma per altre IST è un comportamento a rischio. Chi lo pratica (mette la bocca sui genitali dell’altro) rischia l’HIV (rischio estremamente basso) e anche le altre IST (infezioni a trasmissione sessuale).
La saliva non veicola il virus.
L’HIV ha un tempo molto limitato di sopravvivenza all’esterno del corpo ospite, non potendo replicarsi nell’ambiente: il tempo entro il quale HIV si inattiva varia da pochi secondi ad alcuni minuti a seconda della sua concentrazione (carica virale) nel liquido che lo contiene. Superato questo tempo, ogni contatto diventa indiretto e quindi non a rischio. Sono contatti indiretti tutti quelli con liquidi non freschi.
La PreP (profilassi pre esposizione) può essere assunta da chi è HIV negativo (e no da chi è già positivo) e per proteggersi appunto dal contagio. Le persone HIV positive invece che sono in terapia che hanno raggiunto una carica virale non rilevabile (un numero di copie del virus HIV nel sangue periferico inferiore alla soglia di rilevabilità ai test molecolari in uso, cioè meno di 50 copie per millilitro di sangue) da almeno sei mesi, nei rapporti sessuali, anche non protetti, non trasmettono l’infezione da HIV.
Il test di cui parla dà un risultato definitivo a 40 giorni da un comportamento a rischio.
Se è presente nelle feci, vuole dire che la persona ha l’epatite A. La trasmissione avviene per via oro-fecale. Il virus è presente nelle feci 7-10 giorni prima dell’esordio dei sintomi e fino a una settimana dopo, mentre è presente nel sangue solo per pochi giorni.
In genere il contagio avviene per contatto diretto da persona a persona o attraverso il consumo di acqua o di alcuni cibi crudi (o non cotti a sufficienza), soprattutto molluschi, allevati in acque contaminate da scarichi fognari contenenti il virus. Solo raramente sono stati osservati casi di contagio per trasfusioni di sangue o prodotti derivati.
La PEP prevede un test HIV all’inizio (tempo zero), dopo i 28 giorni di terapia farmacologica, e si conclude con un test definitivo a 40 giorni (se di quarta generazione) o a 90 giorni (se test di terza generazione) dal termine della PEP.
Dalla descrizione fatta, non emerge nessuno contatto che possa far prefigurare un rischio.
Da noi è possibile effettuare solo il test HIV e HCV rapido salivare su appuntamento. Di seguito il link per maggiori dettagli. Le date vengono aggiornate ogni 15 giorni – https://www.anlaidslazio.it/test-rapido
Non vengono ritenuti a rischio per HIV le seguenti attività sessuali ovvero i rapporti orali ricevuti, il petting, leccare l’ano o i capezzoli, i baci profondi, la masturbazione manuale (col requisito fondamentale che anche durante questi atti non avvenga un contatto diretto tra le mucose e una quantità significativa di liquidi biologici contenenti HIV).
Come chiarito al telefono, il rapporto è stato protetto: nessun rischio HIV
Per la diagnosi è importante fare degli esami di laboratorio che, a seconda delle diverse Ist, possono essere eseguiti sul sangue, su un tampone rettale o faringeo, su un campione di urine o di saliva sia per le donne che per gli uomini; su un tampone cervicale o vaginale per la donna; su un tampone uretrale o sullo sperma per l’uomo. A volte è sufficiente la visita dello specialista che riconosce la Ist osservando le lesioni presenti a livello genitale o in altre zone del corpo.
I test per l’HIV e per le altre Infezioni Sessualmente Trasmesse (IST) si possono eseguire negli ospedali o nei laboratori dei Centri Diagnostici, pubblici o privati. Rivolgendosi al suo medico curante lo stesso potrà prescriverle uno screening delle IST e l’indicazione dei vaccini utili.
Se i rapporti sono protetti dall’inizio alla fine e il preservativo rimane integro non si corrono rischi.
Cosa intende per “rischio sfilamento”? Se i rapporti sono stati protetti dall’inizio alla fine non ha corso rischi, diversamente, come ci diceva al telefono, se è rimasto per qualche minuto senza condom, il comportamento è a rischio HIV e di altre IST.
Nel rapporto orale “ricevuto” senza protezione non sussiste il rischio di HIV, ma ci si espone al rischio di contrarre altre IST.
Il preservativo va utilizzato dall’inizio del rapporto perché il coito interrotto non protegge dal virus HIV, si usa una volta sola e con una sola persona. E’ opportuno cambiare il condom passando da un rapporto all’altro per evitare il passaggio di germi e batteri (es. dall’ano alla vagina) e per evirare di incorrere in rotture.
Gentilissimo, riceviamo da tempo numerose sue domande, anche in area medica e sostanzialmente sempre per gli stessi dubbi/situazioni; e a cui abbiamo già fornito risposta. Data l’ansia generata dall’HIV e dalle altre IST, anche per situazioni non a rischio o di cui ha verificato, grazie ai test fatti, che non c’è stato nessun contagio, è opportuno che valuti un percorso di sostegno psicologico o di psicoterapia.
Gentilissima, può contattare il nostro servizio di counselling per questo tipo di richiesta e per poterla aiutare nel suo percorso. Il nostro servizio è operativo dalle ore 9.00 alle ore 16.00, da lun. al ven. – Tel. 06 4746031
Gentilissimo, ci pone sempre le stesse domande e spesso inerenti la sifilide descrivendo situazioni identiche o similari e alle quali abbiamo già dato ampio riscontro. Non possiamo continuare a dare risposte a domande ripetute e come da lei evidenziato ha avuto riscontro anche da altri siti. Se ha dei sintomi, la cosa migliore è farsi fare una visita direttamente dallo specialista e non cercare di trarre conclusioni via web. Le ricordiamo inoltre che per ogni dubbio (no diagnosi), può contattare il nostro servizio di counselling telefonico. Buona giornata.
La sua domanda riguarda l’area medica ed ha già avuto risposta. Se non lo ha già fatto può chiamare il nostro servizio di counselling per ulteriori chiarimenti.
La diagnosi di sieropositività rappresenta per la persona un autentico shock sia emotivo che fisico: è come se tutta la propria vita si frammentasse e il mondo cadesse addosso e con esso tutte le proprie certezze. D’un tratto ci si trova come nel corpo di un altro: la propria identità apparentemente viene meno. Il personale medico, le associazioni, gli amici e i familiari in questi casi possono essere un punto di riferimento ed offrire un supporto utilissimo, tuttavia il primo passo fondamentale è la presa di consapevolezza di questo nuovo stato in modo da poterlo accettare ed integrare nella “nuova” vita per ritrovare la stabilità esistenziale smarrita. Il percorso non è facile e non è certo privo di sofferenza, ma può essere accompagnato da diverse figure in grado di aiutare la persona con HIV sostenendola nei momenti più significativi: medici, operatori sanitari, familiari e amici. Una delle prime domande che in genere si pone la persona con HIV è: adesso che ho saputo di essere sieropositivo, che faccio? Ne parlo con qualcuno o tengo tutto per me? Ma a chi lo dico? L’alto impatto sociale e relazionale della sieropositività nonché lo stigma legato all’infezione da HIV, possono facilmente indurre sentimenti di svalutazione, perdita di stima e fiducia in se stessi, colpa. La cosa più difficile da superare è il sentirsi malati e per questo pensare di essere etichettati. La conseguenza può rivelarsi un generale isolamento e l’abbandono di tutte le relazioni. La paura del giudizio porta spesso al rifiuto di aprirsi con qualcuno intensificando così il proprio malessere interiore. Cercare un aiuto e confidarsi anche solo con un amico o un familiare non è certo indice di debolezza e/o fragilità ma rappresenta un segno di grande forza ed un segnale positivo verso il raggiungimento di una nuova stabilità emotiva e fisica. E’ importante però decidere con chi parlare consapevoli del fatto che nessuna persona con HIV è obbligata ad informare qualcuno della propria situazione; è una scelta libera e personale. In questi casi , pur non essendoci regole rigide, sarebbe auspicabile individuare, nella sfera delle proprie relazioni, chi è la persona, o chi sono le persone, con le quali si vuole parlare: qualcuno che giudichiamo in grado di ascoltare e di esserci come punto di riferimento solido e stabile. Appare chiaro che la natura diversa delle relazioni, siano esse con un amico, con un partner o con un familiare, pone delle sostanziali differenze nella condivisione della propria sieropositività, ma in ogni caso è opportuno creare uno spazio fisico ed emotivo in cui incontrarsi e dar sfogo alle proprie emozioni, essere pronti a rispondere alle eventuali domande. Così com’è stato uno shock la comunicazione della diagnosi di sieropositività per la persona con HIV, dobbiamo aspettarci che lo sia anche per gli altri e non sono da escludere reazioni negative del momento, prima cioè che anche gli altri possano avere il tempo di elaborare la notizia e diventare un valido sostegno. La scelta individuale di comunicare ai familiari questa nuova situazione dipende molto dalla qualità della relazione passata e presente con il familiare stesso. Spesso ci si confida con uno solo dei genitori, a volte si sceglie di parlare con un fratello o una sorella. L’importante è, anche in questo contesto comunicativo, individuare una persona che sia in grado di ascoltare senza giudizio.
Comprendiamo la Sua preoccupazione. I comportamenti sono stati a rischio, ma i test, ormai attendibili, confermano che non c’è stato contagio.
Precisiamo intanto che se i rapporti sono protetti non si corrono rischi, come nel suo caso. L’aiuto di uno specialista potrebbe invece aiutarla ad affrontare le sue ansie e le sue paure che ritornano periodicamente, nonostante la sua gestione “personale”. Non si tratta di viziarle ma di affrontarle con una persona esperta che ha gli strumenti per farlo e per aiutarla.
Confermiamo che non ha avuto rapporti a rischio. Ha mai pensato di rivolgersi ad uno psicoterapeuta per fare un percorso di terapia? Potrebbe aiutarla e sostenerla in questo percorso di conoscenza di sé.
Gentilissima, come lei stessa sostiene sono paure sue che non trovano un riscontro nella realtà. L’idea di intraprendere un percorso con uno psicologo/psicoterapeuta avrebbe potuto aiutarla e sostenerla. Durante l’emergenza Covid19, è stato possibile continuare i vari percorsi terapeutici anche via web; peraltro il contenimento, tramite un aiuto esterno, del suo disturbo oltre a tranquillizzarla e farla stare meglio, le darebbero più tempo per svolgere e gestire serenamente la sua vita in generale e quella di mamma.
Non sarebbe necessario, ma se la cosa può tranquillizzarla, può fare un test HIV tramite prelievo. Se la sua paura dovesse persistere, potrebbe prendere in considerazione l’elaborazione della stessa all’interno di un sostegno psicologico.